#cresciamoleggendo con “Follia” di Patrick McGrath
“…Lo vedeva come una specie di adorabile canaglia. Non riusciva a contraddirlo. Non era capace di contrastarlo in nessun modo, non era possibile, perché ormai si era arresa, spingendo così in fondo l’identificazione da sentirsi incompleta senza di lui.
Aveva perso il controllo. Non si controlla un innamoramento, mi disse, non è possibile. E la divertiva che fosse potuto accadere in questo modo, con quest’uomo. Un paziente. Un paziente che lavorava nell’orto. Stella, le dissi, non potevi fare una scelta più scriteriata. La verità, mi rispose, è che non ho scelto affatto.
(…) Dentro di sè rivisse quel momento al sole, in cui si era resa conto che sarebbero andati a letto, perché ormai non si poteva più fermare. Era molto semplice: non farlo era impossibile. Impensabile. E quando capisci che non puoi più evitare, o rinviare, o ignorare una necessità, il rischio cessa di essere un deterrente. Stella cercó di spiegarmi questo.” (P. McGrath)
Un uomo detenuto in un manicomio criminale per uxoricidio e una donna, moglie di uno psichiatra dell’ospedale, tra cui scoppia una passione che ci porta nei meandri dei loro animi. E poi il narratore, uno psichiatra che ha in cura entrambi e che, innamoratosi della donna segue i suoi vissuti emotivi e non riconosce i segnali della verità…
Amore (quello che si pensa di provare) e disperazione, patologia, isolamento, odio, dipendenza, dolore, eccessi, vuoto… questo e molto di più in un libro che, in un altalena di inquietudine, si è fatto leggere in due giorni legandomi a sè e tenendomi in sospeso.
Cristina Mariani
Libroterapia – Senago
Learn MoreIniziare un percorso psicologico non è debolezza ma un atto di coraggio
“La gente vede la follia nella mia colorata vivacità e non riesce a vedere la pazzia nella loro noiosa normalità” (cit.)
Spesso chi entra in studio, dopo aver raccontato i motivi per cui ha deciso di incontrarmi, dice: “Non sono matto vero?”, “Non ho detto a nessuno che sono qui… perché non capirebbero…”, “Non voglio che mi dicano che sono troppo debole…”
In realtà, decidere di prendere appuntamento, presentarsi e raccontare di sè è un vero è proprio atto coraggioso che poco ha a che fare con la debolezza e la mancanza di senno.
Intraprendere una terapia significa mettersi in gioco, riconoscere le proprie debolezze, imparare a mettere in risalto i propri punti di forza, essere disposti ad accettare di modificarsi e a cambiare, volersi bene, prendere in mano la propria storia passata e presente, appellarsi alla propria forza di volontà…
Io direi che tutto questo trionfa su qualsiasi stigma, tabù, credenza popolare relativa alla salute psicologica!